Fino a cinque anni fa era impensabile che la bellissima Piazza del Congresso di Lubiana ospitasse in mezzo a un’enorme folla uno dei migliori ciclisti al mondo. Il suo nome è Tadej Pogacar e quella piazza l’ha riempita lo scorso agosto per una raccolta fondi a supporto delle popolazioni della Slovenia e di parte dell’Austria colpite da una violenta alluvione. Un ragazzo di 25 anni (quel giorno erano ancora 24, Pogacar è nato a settembre) idolo di una nazione ormai al centro del planisfero sportivo. Perché la Slovenia ha solo 2 milioni di abitanti, è vero, ma nell’ultimo decennio ha prodotto atleti straordinari. Alcuni esempi, i primi che possono venire in mente, sono Tina Maze, Luka Doncic, Primoz Roglic e proprio Pogacar.
Un drago a metà
Il ciuffetto ribelle, chiamato così per quel gruzzolo di capelli che fuoriesce sempre dal suo casco, è nativo di Komenda, 25 chilometri a nord rispetto a Lubiana, una delle città più belle dell’est Europa. Il simbolo della capitale slovena è il drago, sinonimo di potenza e saggezza.
Ecco, sul fatto che Pogacar sia un drago a livello di potenza non ci sono dubbi, e lo vedremo attraverso i numeri pazzeschi del suo 2023, ma questa stagione ha sollevato dei dubbi sulla sua “saggezza”, intesa come capacità di leggere le corse o di programmare il proprio calendario, aspetti fondamentali nel ciclismo moderno. Quanti dopo la tappa del Col de la Loze al Tour vinto dal rivale danese Jonas Vingegaard hanno sollevato delle critiche allo sloveno. “Chissà se non avesse fatto le classiche”, “Chissà se non avesse attaccato nelle prime tappe”, “Chissà se fosse in una squadra diversa”, sono solo alcuni dei dubbi che gli appassionati si sono posti. Insomma, riprendendo la magnifica Lubiana e i suoi simboli, Tadej Pogacar è un drago? O almeno, potrà diventarlo?
La rivalità tra Pogacar e Jonas Vingegaard
Se fino al giugno 2022 sembrava proprio Pogacar poter essere l’erede di Chris Froome nei grandi giri, ecco che proprio in quell’estate si è imposto pesantemente il suo rivale, Jonas Vingegaard, vincitore delle ultime due edizioni della Grand Boucle. Il danese ha cambiato i piani dello sloveno e, con una squadra più attrezzata e una preparazione indirizzata esclusivamente alla corsa francese, è diventato il miglior corridore da corse a tappe in attività. Mai un segno di cedimento in quello sguardo glaciale, tipico dei dominatori. Invece Pogacar appare più aperto al pubblico, per certi versi maggiormente umano. Un ragazzo che tira a canestro, che si tuffa in piscina con l’entusiasmo dei bambini e che scherza con la fidanzata, la professionista Urska Zigart, sui social. Due campioni, questo non si discute, completamente agli antipodi caratterialmente. Uno più freddo, l’altro più solare. Entrambi bicampioni della gara più importante del calendario e capaci di regalare uno spettacolo che ci ha tenuti incollati al televisore per tre settimane.
La sfida al Tour de France
Partiamo proprio da qui, dal Tour 2023. Vingegaard lo affronta dopo aver vinto il Giro del Delfinato, Pogacar dopo un infortunio al polso rimediato alla Liegi-Bastogne-Liegi di fine aprile. Avvicinamenti diversi e preparazioni diverse. Infatti, in avvio, è più brillante il corridore della Jumbo-Visma, che alla quinta tappa guadagna 68 secondi sul rivale. Ma passano ventiquattro ore e cambia tutto: lo sloveno vince a Cauterets-Cambasque e si riporta a 25 secondi di distacco in classifica generale. Primo e secondo, gli altri già lontani. La sfida è già storica (come dimostra la prima pagina dell’Equipe il giorno della scalata al Puy-de-Dome, vedi sopra) e continua fino al giorno della cronometro di Combloux. Lì Vingegaard veste i panni dell’alieno e rifila 1:38 a Pogacar e 2:51 a Wout Van Aert. Giochi chiusi definitivamente il giorno dopo nella tappa regina, con il Col de la Loze: Pogacar va in crisi e crolla a più di sette minuti in classifica generale. Del resto, è umano. Il punto è proprio questo. Troppo umano per battere Vingegaard? Troppo umano per tornare a vincere il Tour de France?
La voglia umana di vincere tutto
Lo ha detto anche Davide Cassani, ex commissario tecnico della Nazionale Italiana di ciclismo su strada: “Pogacar, se vuole rivincere il Tour, deve rinunciare alle classiche”. Perché il 2023 dello sloveno non è stato solo occupato Tour de France. Tadej ha programmato un calendario ricchissimo di impegni, con dentro le classiche più importanti. Per prima la Milano-Sanremo, terminata al quarto posto, e successivamente le gare del nord. Il 2 aprile la meravigliosa vittoria sulle strade della Ronde van Vlaanderen, di cui si parla qui, davanti a Mathieu Van der Poel. Un successo che lo ha proiettato al trittico delle Ardenne, dove, sbaragliando la concorrenza, è risultato ancora protagonista: primo all’Amstel Gold Race e alla Freccia Vallone, precedentemente alla caduta già citata nei primi chilometri della Liegi-Bastogne-Liegi. Poi uno stop alle corse prima di vincere i campionati nazionali, sia a cronometro che in linea, e prima del Tour de France. Smaltita la delusione della Grande Boucle, il corridore della UAE è tornato a gareggiare al mondiale di Glasgow, conquistando la medaglia di bronzo. Tutto per un totale di 14 vittorie, escludendo i successi in classifica generale alla Vuelta a Andalucia e alla Parigi-Nizza. Un’umana voglia di vincere qualsiasi gara a cui si scontra, però, con la programmazione estremamente accurata del rivale Jonas Vingegaard. Un drago a metà non potrà mai vincere contro un drago intero. Per diventare un grande drago a Pogacar servirebbe, forse, cambiare i piani. Però snaturerebbe se stesso, stravolgerebbe il proprio modo di intendere il ciclismo e la vita. E allora, qui, torniamo al titolo. Che cosa vuoi fare da grande Tadej Pogacar?
Il finale di stagione in Italia
Mentre pensate alla risposta, quasi più filosofica che sportiva a dire la verità, la stagione dello sloveno, comunque, continua. Pogacar ha già corso in Toscana, con un quarto posto al Memorial Alfredo Martini e con un terzo posto alla Coppa Sabatini di Peccioli. Tutto questo, compresi il Giro dell’Emilia e la Tre Valli Varesine dei prossimi giorni, in preparazione al Lombardia del 7 ottobre. Si concluderà con l’ultima classica monumento, vinta nelle ultime due edizioni, presumibilmente, la stagione di Tadej Pogacar. Una conclusione tutta italiana, in attesa di dare una risposta anche a se stesso. Ma al di là di quasiasi dubbio possibile e di qualsiasi futuro, c’è una certezza insita nei pensieri degli appassionati: Tadej Pogacar da Komenda, drago o meno, è un campione. E su questo non si può discutere.
Immagine in evidenza: www.alessiobonaccorsi.it
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