Calcio

Il Cagliari è squadra di calcio, ma anche “garra” di un intero popolo

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Il Cagliari Calcio è la “garra” del popolo sardo. La squadra di mister Davide Nicola oggi, quella di Sir Claudio Ranieri ieri, ma tante, tante storie anche del passato, antico e recente, hanno un comune denominatore. Chi scende in campo con il Cagliari, maglia rosso blu e Quattro Mori, viene impossessato dall’antico spirito di un popolo mai domo.

La stretta cronaca calcistica delle ultime settimane ci racconta dell’undici allenato da Nicola per la stagione 2024/2025 come di una squadra che riesce a non arrendersi mai. Una squadra che riesce a mettere paura alla Juventus, a ribaltare il risultato con il Torino, altro club che fa da sempre del suo orgoglio sul rettangolo di gioco un tratto distintivo. Insomma la salvezza sarà sicuramente esercizio complesso e i pronostici sono a dir poco azzardati, quando il nostro calendario (rigorosamente in tema calcio e sport, magari con gli appuntamenti di tutte le discipline sportive nei cinque continenti) è posizionato appena sul mese di ottobre. Un dato inequivocabile lo si può attestare e sottoscrivere, senza se e senza ma: il Cagliari è oggi, come ieri, l’emblema del popolo sardo.

Sardegna alias indipendenza

Abituati a lottare per l’indipendenza e per difendere la loro terra, capaci di isolarsi rispetto “al continente”, i cagliaritani hanno fatto storia per il loro orgoglioso senso di appartenenza. Doveroso, e non è mai abbastanza, l’omaggio a Gigi Riva. Presidente onorario del Cagliari, come ultimo ruolo prima di un’ingiusta scomparsa che ha lasciato attoniti e dispiaciuti, tutti, senza distinzione, bandiera, simpatia calcistica. Un’intera nazione in lutto per l’eroe, il mito, il simbolo assoluto del popolo sardo, una stima che si era conquistato proprio per aver rinunciato alle grandi squadre del “continente”, proprio per aver scelto l’isola, la Sardegna, terra antica di nuraghi, territorio che vanta origini di millecinquecento anni prima di Cristo, che sommati ai duemilaventiquattro dopo, fa una cifra che non può che far sentire, unici, in tutti i sensi, i sardi, che scelgono di non lasciare l’isola, di non sbarcare nel “continente”. Ancor di più eroico divenne Gigi Riva che, invece, dal “continente” scelse volontariamente di attraccare sull’isola che sembra baciarsi con la francese Corsica, e di non andare via mai più. Nato in provincia di Varese, è stato più sardo di tutti. Il 22 gennaio 2024, la data del suo addio, “Rombo di tuono” è entrato per sempre nel mito della Sardegna, lui, lombardo d’origine. Ma per tutti Gigi Riva era sardo. Se chiedete dove è nato Riva, il famoso calciatore, a chi non conosce vita, morte e miracoli dei divi del pallone, vi risponderanno con un’alta percentuale, Cagliari o comunque la regione sarda.

Altri miti sardi rigorosamente dopo il mito Gigi Riva

Poi tanti altri. Cagliaritani forse non per sempre in mezzo al campo, ma nel cuore e nei sentimenti sicuramente sì, come Gianfranco Matteoli, centrocampista con sangue sardo nelle vene, anche quando divenne colonna portante dell’Inter di mister Trapattoni. Nato a Nuoro, ribattezzato negli anni interisti “Teo”, dal Trap. Il mister che lo incitava con quell’affascinante voce roca. Il Trap quando dalla panchina dava indicazioni ai suoi, unitamente al suo tratto distintivo più famoso. Nelle vesti di coach, infatti, inconfondibile era il suo fischio, dita in bocca. “Teo” da calciatore ha indossato la maglia della sua terra natìa regalandole una storica partecipazione alla Coppa Uefa. Un trofeo che oggi è stato ribattezzato con il titolo di Europa League, ma che in quegli anni iconici era nota, appunto come Uefa. E soprattutto con Matteoli in squadra, il Cagliari ha sfiorato un sogno. Un incredibile, splendido, romantico, sogno: la conquista della finale di Coppa Uefa. Stagione 1993/1994 e “Teo” a guidare l’armata rosso blu ma la mission era impossible. L’assalto era proprio contro la “sua” Inter. Ma non era più l’Internazionale terribile targata Trapattoni, ma un’undici reduce da una stagione rocambolesca e che aveva in panca Giampiero Marini. Uomo società chiamato al capezzale della Beneamata ma che con i suoi uomini capitolò al Sant’Elia. Il team sardo, infatti, con “Teo” alla regia e nel ruolo di allenatore Bruno Giorgi, più volte riconosciuto come il Paul Newman del calcio italiano, si avvicinò al miracolo. Sul campo amico, infatti, il Cagliari ebbe la meglio sull’Inter (3-2). Ma poi il ritorno alla realtà, il sogno che si infrange nel match di ritorno (3-0) con la netta vittoria della compagine un tempo chiamata Ambrosiana. In ogni caso una partita custodia con orgoglio negli ideali almanacchi dei tifosi sardi.

I tempi di Gianfranchino Magic Box

Come Gianfranco Zola, che anche da inglese d’adozione, conosciuto come “Magic Box” e beniamino dei tifosi del Chelsea, ha continuato, con la sua “garra”, il suo comportamento in campo e fuori, a rappresentare la magica unicità del popolo sardo. Nato ad Oliena, era chiamato Gianfranchino, con affetto per la sua statura “tascabile”. E Zola sotto il vessillo dei Quattro Mori ha disputato le stagioni tra il 2003 e il 2005. E udite, udite, la rivelazione di Gianfranchino, al quale era stato chiesto quale fosse stato il suo principale vanto da football player: il Cagliari nel suo anno di Serie B. Sì, tutto vero, nessuna fake news, come si ama definire oggi le bufale. Magic Box, non più calciatore, nei suoi ricordi porta con orgoglio numero uno l’anno con il Cagliari. Nonostante la serie cadetta porta nel cuore la stagione con la maglia della sua terra. “Se devo essere sincero, se devo ricordare momento in cui sono stato veramente fiero e orgoglioso di me io dico l’anno della Serie B con il Cagliari”. Parole e poesia di Gianfranco Zola pochi giorni fa. Un legame speciale. Un modo per rappresentare la propria “patria”.

Prima puntata del podcast dedicato alla storia degli stadi italiani

Pietro Paolo Virdis che non voleva andare alla Juventus

Come Pietro Paolo Virdis, attaccante che ha fatto gol a grappoli negli anni Ottanta con la Juventus prima e con il Milan poi, senza mai perdere quello stile sardo, quel misto di riservatezza e voglia di tornare ogni qualvolta poteva nella sua regione d’origine, con quel “suono” sardo quando veniva intervistato, che orgogliosamente ostentava e non nascondeva. Baffo sparviero. Nato nella piccola Sindia. Nemmeno duemila abitanti in provincia di Nuoro. Pietropaolo tutta una parola, come lo raccontavano via radio, rigorosamente l’unico mezzo di comunicazione degli anni Settanta. Gli anni nei quali Pietropaolo Virdis militava prima nella Nuorese in serie D. E poi il grande salto nel Cagliari a cavallo tra serie A e serie B. Ma comunque nel soccer che conta. E con la “sua” squadra. La squadra che rappresenta la sua regione. La terra dove ha avuto i suoi natali, anticamente attraversata e vissuta dai Romani. E il suo talento messo in mostra sotto l’egida rosso blu colpì la Juventus che lo voleva in casacca bianconera. Ma Pietropaolo che voleva e sognava di emulare il suo mito, Gigi Riva, si oppose. Non voleva andare “nel continente”, ma difendere la sua terra sul rettangolo di gioco. Una saudade tutta sarda che dopo il trasferimento a Torino lo portò anche a tornare al Cagliari in prestito. Poi altre strade. Successi tra la Juventus ed il Milan intervallati dall’Udinese in quegli anni di Zico. Ma il cuore sempre sardo. E il Cagliari che lo ha inserito nella sua “Hall of Fame”.

I sardi d’eccellenza anche oggi: Barella

Tra quelli in attività menzione speciale merita, of course, Nicolò Barella, che anche se ha raggiunto lidi del calcio delle big molto presto, continua con il suo non tirare mai indietro la gamba, con il suo non voler perdere mai, con la sua determinazione e ricerca del pallone e della vittoria, di essere eternamente “sardo dentro”. Di Nicolò Gigi Riva diceva “sono orgoglioso di lui perché rappresenta Cagliari e la Sardegna, proprio come la rappresentavo io”. Una dedica che non ha mai lasciato indifferente Barella. Primi vagiti a Cagliari e cresciuto a Sestu. Hinterland cagliaritano e origini cartaginesi. Lui nato nella “scuola calcio Gigi Riva” e scoperto calcisticamente da Gianfranco Matteoli. Il legame sardo che ritorna. L’unicità di chi viene da questa terra. E se anche va nel continente, resta sardo dentro, isolano forever. L’Internazionale Milano di Simone Inzaghi punta su di lui. Ma anche la Nazionale di Luciano Spalletti. Il talento è suo, ma il sangue è cento per cento sardo. Come l’orgoglio e la caparbietà di essere un titolare inamovibile della sua squadra di club come dell’Italia.

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Nicolò Barella esulta dopo aver segnato in Italia-Albania, fase a gironi degli Europei 2024

Gigi Riva, i Tazenda e altri sardismi oggi

“Spunta la luna dal monte” cantava Pierangelo Bertoli con i Tazenda, mitico gruppo musicale sardo etno-pop che si alternavano con il cantautore con parole in rigorosa lingua sarda. Lingua e non dialetto, perché sull’isola ci tengono a chiarire che di lingua si tratta, e di cultura, quella millenaria, che viene da un popolo che ha imparato a vincere senza paura di soffrire. Come quando il Cagliari di Gigi Riva ha conquistato uno scudetto (1969/70) che ancora oggi, a distanza di più di mezzo secolo, fa ancora emozionare e parlare, tanto da ispirare libri e racconti al cinema e in tv. Ed è così, oggi, con Claudio Ranieri, con una promozione in serie A che ebbe del magico prima e una salvezza miracolosa in rimonta poi, che fa cantare “Spunta la luna dal monte”.

Davide Nicola ultimo guerriero sardo

E, sicuramente, anche Davide Nicola, che di “garra” sarda, anche senza essere nato in Sardinia, ne ha da vendere, starà caricando i suoi e deliziando tifosi fedeli come pochi. Il Cagliari Calcio edizione 2024/2025 cosa farà si capirà soltanto nella primavera del prossimo anno, ma la capacità di non arrendersi e di impegnarsi, testa bassa e pedalare, è garantita dalle parti dei Nuraghi.

Immagine in evidenza: © CagliariCalcio, X

Marco Milano

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