Avere “Milano contro” non deve esser una bella esperienza, sia che tu sia uno studente alla disperata ricerca di un 18 oppure un roccioso difensore impegnato ad arginare il Lukaku o il Leao della situazione. Nessuno di voi però potrà comprende fino in fondo cosa significhi aver “Milano contro” a meno che non siate un giocatore di Inter o Milan pronto a scendere in campo per giocare il “Derby della Madonnina”. Una tradizione destinata a ripetersi nella serata di sabato 3 settembre per la 236a volta fra sfottò, polemiche, cori, riti propiziatori degni di una battaglia campale chiamata a decidere il destino della città per i mesi successivi. In questa storia ultracentenaria “Bauscia” e “Casciavit” spesso non annoverano il primo scontro fra le due formazioni meneghine andata in scena al “Campo del Gas” di Chiasso il 18 ottobre 1908.
Davanti a 2000 “testimoni” di ciottiana memoria che avevano deciso di pagare alla storia il pegno di venti centesimi alla storia, le due formazioni si sfidarono per la conquista della Coppa Chiasso trovandosi in alcuni casi a far i conti con il proprio passato. E’ il caso di Pietro Lana, vent’anni, un metro e sessantasei di classe e fantasia e soprattutto un precedente ingombrante. Rossonero delle origini, la giovane mezz’ala meneghina è spesso ricordata per i tre gol rifilati alla Francia nel primo incontro della Nazionale Italiana andata in scena il 15 maggio 1910. Ciò che in molti hanno dimenticato è come Lana, in disaccordo con il club di Alfred Edwards sulla decisione di non arruolare calciatori stranieri, decise di abbandonare la formazione d’origine e fondare un nuovo club chiamato Internazionale. Pentitosi dell’azione compiuta, l’attaccante milanese ritorno prontamente sui propri passi giocando fra le fila rossonere quello storico primo derby.
Dall’altra sponda del Naviglio vi era chi invece la storia la prenderà di petto e per certi versi la farà concretamente, ma nel frattempo segnerà la vicenda dell’Inter con quei baffetti tanto di moda all’epoca. Stiamo parlando di Virgilio Fossati, capitano della formazione nerazzurra e principale eroe di quella squadra che si aggiudicò il titolo tricolore fra il 1909 e il 1910. Dopo aver colpito il presidente Giovanni Paramithiotti mentre giocava fra le fila del Minerva, il difensore meneghino divenne proprio nel 1909 il capitano e l’allenatore di quel celebre club incantando l’intera penisola per la classe e la precisione che caratterizzava la sua azione. Un gioco che gli consentì di segnare con la maglia azzurra alla Francia proprio a fianco di Lana e che rimase indimenticabile anche quando a soli venticinque anni venne travolto dalla Prima Guerra Mondiale. Chiamato al fronte come sottotenente dell’8º Reggimento di fanteria della Brigata Cuneo, Fossati divenne presto capitano per via dell’audacia che lo contraddistingueva dentro e fuori dal campo, un aspetto del carattere che lo tradirà nel giugno 1916 a Montefalcone quando, nel tentativo di trovare varchi nel reticolato nemico, fu ucciso dal fuoco austro-ungarico.
Quel pomeriggio del 18 ottobre 1908 i venti di guerra era tuttavia lontani e l’unica battaglia a cui erano chiamati a combattere Lama e Fossati era quella calcistica. Nonostante la poca esperienza degli interisti e i due tempi da soli venticinque minuti, le due squadre si affrontarono a viso aperto consentendo al Milan di passare in vantaggio grazie a Lana che riuscì a trafiggere nella prima frazione di gioco Pietro Campelli. Proprio lui, quindici anni, cappellino a righe sempre in testa e quel soprannome “Nasone” che non gli impedì di cambiare il calcio inventando la parata in presa a differenza dei colleghi. Campelli dovette però prontamente soccombere anche al tiro di Luigi Forlano, ventiquattro anni da Rocchetta Tanaro e una sola presenza in campionato con un solo gol. Come per Fossati, anche il centrocampista astigiano vivrà la Grande Guerra da eroe morendo il 16 luglio 1916 combattendo sul Vallone del Carso con la Prima Armata, intenta a ricacciare oltre il fronte le truppe nemiche.
Nella seconda frazione il diciottenne Carlo Payer I provò invano a ribaltare il destino del match, consentendo all’Inter dei ragazzini svizzeri di mettersi in mostra in una delle sue prime uscite. Fra gli uomini guidati da Fossati compaiono infatti fra gli altri Alfredo Zoller, Yenni, Stebler, Bernard Schubler e soprattutto Hermann Aebi, sedici anni nato a Milano da madre italiana e padre svizzero nonché giocatore di entrambe le nazionali. Primo oriundo della storia tricolore, “Signorina” diede la propria vita all’Inter contribuendo non solo alla conquista del primo scudetto, ma risultando decisivo nella vittoria del secondo segnando a cavallo fra il 1919 e il 1920 la bellezza di diciannove reti su ventuno partite. Prima di diventare arbitro negli Anni Venti, Aebi passò per un breve periodo al Milan giocando due amichevoli con rossoneri e mettendo a segno altrettanti gol prima di tornare alle origini.
Quel derby si concluse quindi con il risultato di 2-1 per Lana e compagni consegnando sì ai rossoneri la Coppa Chiasso, ma dando vita a una stracittadina che diventerà famosa in tutto il mondo e almeno due volte l’anno tiene con il fiato sospeso un’intera metropoli. In attesa di conoscere se vincerà ancora una volta la formazione sfavorita alla vigilia, il derby della Madonnina continua ad appassionare gli scultori del calcio.
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