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Australian Open 2021, i momenti più importanti

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Risultati in archivio, albo d’oro aggiornato, ora è tempo di tirare le somme sull’edizione degli Australian Open più complicata di sempre dal punto di vista logistico. La pandemia ha costretto Tennis Australia a rivedere ogni singolo cavillo, tra positivi in volo e pallate ai materassi dei tennisti in isolamento fiduciario.  Eccoli, secondo noi, i momenti più rappresentativi del primo Slam dell’anno.

Il pubblico sugli spalti

Non eravamo più abituati, ancor di meno in uno dei quattro tornei con più caratura del circuito. Il colpo d’occhio che abbiamo potuto apprezzare agli Australian Open ha rappresentato una boccata d’aria purissima. Sono stati precisamente 17.922 gli appassionati che hanno avuto il privilegio di assistere ai match del Day 1, nulla a che vedere con il tetto massimo dei 1000 spettatori varato dal Roland Garros più per esorcizzare la paura che per altro. L’AO aveva pensato a tutto, dalla rigida suddivisione degli spazi tra sportivi/staff e spettatori ai “pod” – piccole casette in legno – che permettevano comunque la consumazione evitando assembramenti. I 5 giorni di stop – per via di una decina di casi nello stato di Victoria – sono comunque arrivati dopo lo show di Kyrgios contro Thiem e scaduti in tempo per accogliere 12.500 persone a sessione in occasione di semifinali e finali.

Karatsev batte Dimitrov

E’ senza dubbio questo il momento più iconico dello Slam oceanico, il rovescio vincente che chiude la gara e lo proietta tra i primi quattro. Non tanto per la parola fine ad un match che il buon Aslan Karatsev ha portato a casa anche grazie all’aiuto di un Dimitrov immobilizzato dai dolori alla schiena, ma per tutto ciò che la stessa ha significato per il russo e per tutto il movimento tennistico. Con l’approdo in semifinale, Karatsev è diventato – il record più importante tra i molti – il primo tennista nell’era Open a raggiungere la semifinale Slam al debutto. Ne ha riscritti diversi, tra cui essere il secondo qualificato a raggiungere le semifinali in Australia, il quinto se contiamo tutti i Major, ed è il semifinalista con la classifica più bassa dalla cavalcata emozionante di Ivanisevic a Wimbledon 2001. Un tennista che mai aveva pescato un acuto così imponente, deflagrando nel post lockdown – 45-8 lo score post sconfitta con Djokovic – con due sigilli Challenger – Praga ed Ostrava – ma frenando il suo ardore al cospetto di impegni più probanti – vedasi ATP 250 e 500. Dalla sconfitta con Ivashka nella finale del Challenger di Ortisei al mettere sotto scacco con colpi piatti e risposte anticipate un osso duro come Schwartzman, al recuperare due set di svantaggio ad un lanciatissimo Auger-Aliassime fino al sopracitato match con Dimitrov. Chapeau.


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Il 9 su 9 di Djokovic in Australia

Novak Djokovic non conosce resa a Melbourne Park, eppure mai come quest’anno lo score perfetto del serbo pareva in bilico. Gli ostacoli sopraggiungono già agli albori della competizione quando lamenta dolori addominali che gli impediscono di giocare il suo tennis migliore. In realtà per due set, contro Fritz, appare proprio irretito dal dolore e vicino ad una clamorosa ritirata, svanita con un quinto set di rabbia e noie muscolari che danno tregua. Ritrova, per sua stessa ammissione, la miglior forma contro Karatsev, giusto in tempo per dominare mentalmente una statua di sale all’apparenza inscalfibile come Medvedev. Sembrava tutto apparecchiato per il primo, importante, scossone generazionale, per la spallata al N°1 nel suo giardino di casa e per issarsi al secondo posto del ranking facendo crollare un regno che vedeva i Fab 4 scambiarsi quelle due posizioni sin dal 2005 – succederà comunque il 15 Marzo, quando entrerà in vigore la modifica del regolamento del ranking e Nadal scivolerà terzo. A rafforzare questa suggestione c’era la striscia aperta di venti match consecutivi vinti dal russo. Nulla di tutto ciò è arrivato, Djokovic ha nuovamente cambiato pelle, evitato di far a botte da fondo campo e giocato con un acume tattico che ha rapidamente fatto crollare fragorosamente le certezze di Medvedev, sempre più nervoso e spaesato.

Il 4 su 4 di Osaka

Da uno score perfetto ad un altro, da un re ad una regina del cemento, perché Naomi Osaka colleziona record su record e sembra inavvicinabile su questa superfice. La tennista nipponica non sbaglia un colpo in finale e con la vittoria in Australia alza il quarto titolo Major in altrettante partecipazioni. Non solo è imbattuta nelle finali, negli Slam lo è anche dai quarti di finale in poi con un parziale di 12-0 che lascia spazio a pochi commenti. Il turning point è arrivato agli ottavi contro Muguruza – con lei unico set perso nel torneo – dove ha fronteggiato ed annullato due match point sul 5-3 nel set decisivo prima di vincere 7-5. Poi un assolo, un canto regale anche contro una delle migliori Williams dal post parto. Ed il percorso è stato tutt’altro che facile, iniziato addirittura fronteggiando una Pavlyuchenkova che sarebbe stata testa di serie N°27 se il conteggio dei punti fosse stato quello classico pre pandemia. In finale Brady ha resistito per un set scarso prima di crollare al cospetto della nuova dominatrice indiscussa sul veloce.

Simone Cappelli
Ascoli Piceno, Classe 98. Su Vita Sportiva per parlare di freccette, e non solo.

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