Attila, il famigerato re degli Unni è tornato! È tornato per sparger “sangue” e lagrime nelle campagne italiche, è tornato per dominar le maestose cime che costellan lo stivale, è tornato per riportar in patria quello che mai ha avuto!
Tranquilli, il re degli Unni è ormai oltrepassato da quasi due millenni e il suo popolo, dopo essersi ripresentato con altre vesti ed altri condottieri, è ormai genealogicamente alla base delle stirpi del mondo occidentale. Un po’ di sangue del flagello di Dio è in tutti noi.
Come ben saprete il nome Attila in queste giornate è sulla bocca di tutti, una maglia rosa magiara mai la si era vista. L’impresa che ha condotto il giovane Attila Valter alla maglia rosa ha un po’ destabilizzato il mondo del pedale: “da sconosciuto a nuova maglia rosa” hanno cominciato a cantare gli uni, “la nuova rivelazione” scrivono altri, “il mestierante divenuto re per un giorno” analizzano i terzi. Insomma proviamo a fare chiarezza.
Chi è Attila Valter?
Il Giro 2021 ci ha regalato una grande sorpresa: Attila Valter. Attila è un ragazzo di quasi ventitré anni nato a Csomor, un piccolo comune dell’Ungheria settentrionale. Giunto in tarda età al ciclismo su strada, dedicò gran parte della propria adolescenza al mondo della Mtb. Raggiunta la maggiore età, nel 2016, Valter fece il proprio debutto su strada inaugurando la propria carriera sulle due ruote con ottimi risultati. Proprio quell’anno in ambito internazionale ottenne un primissimo risultato di peso. Concluse infatti al diciottesimo posto nella categoria juniores della novella riedizione degli Europei a Plumelec, sul circuito dello storico Gp de Plumelec.
Dopo un’annata vissuta nella categoria Under 23, nel 2018 fece capolino fra le fila del team Pannon, una piccola realtà nazionale che nei due proprie annate di attività lanciò nel ciclismo vari ottimi profili.
Nel 2019, dopo aver ottenuto ottimi risultati l’anno precedente, venne ingaggiato dal team vivaio dell’allora CCC, con il quale riuscì indubbiamente a sbarcare nel grande calderone del movimento internazionale, tanto da meritare la promozione nel team wt.
Il passaggio al team patrocinato da Jim Ochowicz rimarrà per sempre impresso nella memoria del giovane. Proprio quella prima annata da effettivo professionista coincise con la prima vittoria dai grandi, in casa al Giro d’Ungheria.
Il resto come oseremo dire è già storia. Il primo Giro, l’arrivo in Groupama, il secondo Giro, i dividendi sfruttati a Sestola ed infine la maglia rosa.
Attila in rosa
Vestire la maglia rosa a ventidue anni, chissà quale fardello possa far pesare quel brandello meraviglioso frutto della sartoria italiana. Eppure ciò che sorprende di questo giovincello è la sicurezza e la caparbietà che in questi giorni ha mostrato, sul palco del premiazioni, nel gruppo e soprattutto nelle varie interviste di rito. Oltre ad un ottimo inglese il magiaro ha sfoggiato anche una grande ambizione, che solamente un campione può offrire.
È giunto il momento che vi racconti un aneddoto personale: inconsapevolmente quel ragazzo così ambizioso e cortese un giorno mi salvò la vita. Era luglio e il caldo non dava assolutamente tregua, quaranta gradi alle dieci del mattino e zero ripari ombreggiati da poter sfruttare. Fra il caldo e la sete non mi resi conto di aver indossato, per il mio consueto giro in bici, la nuova maglia della CCC. Una maglia carina, di un bell’arancio, acquistata più che per l’estetica per il prezzo vantaggioso.
Inerpicandomi per un colle poco lontano da casa, assolto nelle migliaia di espressioni ingiuriose prodotte dalle mie sinapsi, incontrai un buontempone combattivo e molto indigesto che chiameremo Pietro.
Cercai di buttarmi fra i rovi pur di evitare quella sventura umana. Eppure Pietro mi vide e mi chiese, con il suo pacato accento romano influenzato da una stramba cadenza paesana: “Aoh, ma che c’hai a maia de Trentin? Senti un po’ famo na bella gara, così te sfracello come Pedersen in Inghilterra“.
Cominciai a sudare, un ragazzo di un metro e novanta agile e snello mi aveva appena pregato di sfidarlo su un colle impervio e soleggiato. Rimasi immobile. Le gambe mi cominciarono a tremare. Dalla mia bocca cominciò solerte ad uscire un sibilo quasi involontario e dal suono un pò sinistro. “Attila, ehm Attila, ehhm è la maglia di Attila” gridai in mezzo alla strada. Pietro sorridendo mi rispose “Mica invocherai i morti pe non sfidamme, vabbè lascio sta.”
Attila il “Salvatore”
Incredibilmente sentendo quel nome Pietro mi lasciò alle mie fatiche individuali, se avessi risposto Van Avermaet probabilmente non mi avrebbe lasciato lì da solo. Quel ragazzo che a malapena avevo visto in tv mi aveva salvato inconsapevolmente. Capii immediatamente che dietro quell’infausto e affascinante nome non poteva che esservi un campione. E sì, qualche volta ci tocca credere nei segni premonitori.
Dunque Attila più che un demone umano deve esser considerato un “salvatore”, anzi oserei spingermi nel definirlo il salvatore. Il salvatore di un movimento inesistente fine a qualche anno orsono. Colui che per la prima volta ha permesso ad uno Stato neofita ciclisticamente di vestirsi di rosa.
Valter era una maglia rosa innovativa, sorprendete e portatrice di freschezza. Un volto pulito, serio e portatore di fiducia, tanta scaltrezza e tanto talento non possono che far del buon magiaro più che una speranza. In quella che passerà alla storia come la primavera del ciclismo, con la propria miriade di talenti bambini, il movimento ha scovato certezze in un pedalatore silenzioso ma fautore di azioni tangibili.
Attila è anche un ragazzo gentile, grazie alle proprie gesta ha regalato un senso al Giro del team Groupama, un team orfano di Thibaut Pinot e Arnaud Demare, venuto al Giro nel ruolo di mera comparsa.
Concludiamo con un augurio al nostro Attila. Seppur la maglia è andata quel che ha fatto rimarrà scritto negli annali di una nazione bisognosa di eroi.
In Bocca al Lupo per tutto Attila!
© Immagine in evidenza LaPresse
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