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I cinque momenti più importanti del dell’ATP Montecarlo

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Il primo 1000 della stagione su terra ci regala già indizi importanti. Ad alzare il trofeo è Stefanos Tsitsipas, cigno greco che attendeva da due anni uno squillo importante nel circuito, che desse continuità alla vittoria delle Finals. Lo fa affrontando in finale né Djokovic né Nadal, caduti ancor prima della semifinale, bensì un Andrey Rublev capace di spazzolare le righe in maniera divina. Ecco i 5 migliori momenti del torneo:

  • Il miglior Evans su terra

Alzi la mano chi avrebbe scommesso su Daniel Evans al secondo turno. Probabilmente nessuno, al massimo pochi inguaribili sognatori o giocatori d’azzardo della domenica decisi a sparpagliare pochi euro andando controcorrente. Evans, invece, non solo ha superato il vice campione uscente al primo turno – Dusan Lajovic fu sconfitto da Fabio Fognini nel 2019, torneo cancellato nel 2020 – ma è riuscito ad issarsi addirittura fino alla semifinale, tirando fuori una decina di conigli dal cilindro. Partiamo da alcune statistiche: il britannico non aveva mai vinto più di due partite di fila a livello ATP sul rosso – dai 250 in su, tolte le qualificazioni – e l’ultima vittoria su questa superficie, in un main draw ATP, risale addirittura a quattro anni fa – doppio 6-4 a Barcellona ad un altro a cui la terra piace poco, Mischa Zverev. Basterebbe questo per quantificare il peso del risultato, ma i nomi che ha battuto rendono ancor più dolce la fiaba. Oltre al sopracitato Lajovic, Evans ha steso, tra gli altri, il N°1 del mondo Novak Djokovic ed un pimpante David Goffin, che ama questi campi e che sta pian piano tornando a regalarci il suo miglior tennis. Apoteosi per il più classico dei tennisti “old style”, uno che potrebbe tirar su un clinic su come si piazza uno slice e che è tutt’altro che un picchiatore da fondo, anche se migliora di match in match. Rivincita personale per uno dei pochi che dopo aver sbagliato – fu pizzicato positivo all’assunzione di cocaina nel 2017, squalificato per un anno dalla ITF – ha ammesso l’errore, non ha elemosinato aiuti ed è ripartito dalla posizione N°1195 spalleggiato in minima parte dalla Lawn Tennis Association. La sconfitta contro Stefanos Tsitsipas è arrivata per mancanza di energie.

Daniel Evans | 15 Aprile 2021. EPA/SEBASTIEN NOGIER

  • Il tonfo di Djokovic e Nadal

Magari è esagerato parlare di tonfo, ma quando due come loro non arrivano in finale il riverbero della notizia è sempre ampio. Novak Djokovic dopo un impegno non propriamente comodo dove ha fronteggiato in un discreto match il nostro diamante più chiacchierato Jannik Sinner, è stato ubriacato dalle variazioni di Dan Evans ed ha salutato anzitempo il torneo. Lo ha fatto mettendoci molto del suo, e registrando ben 45 gratuiti in soli due set, ovvero commettendo un unforced non appena l’avversario gli proponeva una palla bassa e senza peso. Rimandato, ma è già in campo nella Belgrado per tornare a ruggire ed a inanellare titoli.

Ha fatto ancor più rumore Rafa Nadal, che nel principato conta ben 11 sigilli e che è visto al livello del principe Alberto di Monaco per grandezza del personaggio. Anche qui, nessuno si aspettava che non arrivasse a giocare e vincere l’atto finale, visti anche i roboanti risultati dei primi turni. Invece, poi, contro Rublev, uno dei peggiori Nadal visti recentemente ha collezionato una mediocre, eufemismo, prestazione al servizio coadiuvata da un back che non funzionava e da un dritto che finiva il più delle volte corto, a metà campo, facilmente attaccabile dall’avversario. Nonostante ciò, è riuscito a portare la sfida al terzo, a dimostrazione che sulla terra non ha rivali.


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Rafa Nadal.

  • Il sigillo di Tsitsipas

Un viatico a dir poco importante per la carriera del greco. Stefanos Tsitsipas incide il suo nome nell’albo d’oro di un 1000, sugellando una settimana giocata a tratti in maniera superba. Tsitsipas pesca la conferma che in tanti – lui in primis – attendevano dopo la vittoria delle ATP Finals nel 2019. Un trionfo che aveva accarezzato rispettivamente nel 2019 a Madrid – finale persa 6-3 6-4 contro Djokovic – e l’anno prima a Toronto – 6-2 7-6 da Nadal. Sesto titolo complessivo, ma soprattutto primo nella Race to Turin, la classifica che porta dritti alle Finals, scavalcando Djokovic e Rublev. Condizione fisica e livello di tennis saliti match dopo match, ed il doppio 6-3 ad un Rublev sino a quel momento perfetto lo testimoniano. Il greco ha approcciato la finale in maniera esemplare, ora con assoluta calma e diligenza approfittando di un avversario nervoso e sbrigativo, ora con una prestazione difensiva pressoché perfetta e la capacità mai banale di saper trasformare lo scambio in offensivo in un batter d’ali. Ottimo anche il rovescio quando chiamato in causa. Tsitsipas affianca la madre Julia Salnikova vincitrice del torneo di Montecarlo nel 1981.

Stefanos Tsitsipas.

  • La spedizione azzurra

Merita una menzione la folta spedizione presente a Montecarlo. Ben 9 giocatori hanno preso parte al main draw del torneo del principato, grazie al 4 su 6 centrato nelle qualificazioni (dentro Travaglia, Caruso, Fabbiano e Cecchinato; fuori Mager e Marcora). Un risultato storico, che conferma ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, che il tennis maschile italiano è in ottima salute. Al di là di un Matteo Berrettini ancora imballato post infortunio addominale – sconfitto all’esordio da Davidovich Fokina – tutti hanno portato a termine gli obiettivi massimi da raggiungere. Difficile pensare di vedere Cecchinato, Sonego, Caruso e Fabbiano vincere rispettivamente contro Goffin, Zverev, Rublev ed Hurkacz. Si poteva sperare in Jannik Sinner, opposto a Novak Djokovic, ma il N°1 del mondo, nell’occasione, ha mostrato i muscoli. Bravo Fabio Fognini a non sprecare l’occasione di azzannare una fetta di tabellone rimasta orfana del N°2 del ranking mondiale Daniil Medvedev, nulla da fare contro uno specialista difensivo e dell’argilla come Casper Ruud.

Fabio Fognini.

  • La crescita di Rublev

Citando Guido Monaco, ex tennista e telecronista di Eurosport, presente nella prestigiosa rivisita ‘Il Tennis Italiano’: “Il dritto di Rublev  – se ne facciamo una questione di velocità e peso di palla abbinata alla precisione – è una delle armi più spaventose mai viste su un campo da tennis. Come dargli torto, Andrey Rublev è una macchina costruita per fare punto, soprattutto con il dritto, e nell’ultimo anno di gare ha ridimensionato anche i gratuiti, continuando a martellare da fondo sulle righe ma sbagliando di meno. Il russo ha dato un ampio saggio delle sue potenzialità proprio nel match simbolo del torneo, lo scontro ai quarti di finale contro Rafa Nadal. C’è da precisare, ovviamente, che fare a pallate con Nadal su terra somiglia ad un suicidio, ma la giornata non propriamente felice del maiorchino lo ha assistito, consentendogli di tenere sempre in mano il pallino del gioco – anche nel set perso – e soprattutto di vincere gli scambi lunghi, dettaglio non usuale. In finale, a tratti, abbiamo rivisto il vecchio Rublev, ma molto è derivato dalla stanchezza accumulata.

Andrey Rublev.

Simone Cappelli
Ascoli Piceno, Classe 98. Su Vita Sportiva per parlare di freccette, e non solo.

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