Tennis

Arrivederci ad Ashleigh Barty, la campionessa per cui i sogni valgono più dei record

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Una tennista anticonvenzionale: questa è stata Ashleigh Barty. Una ragazza che, dopo aver faticato nei primissimi anni della sua carriera, aveva deciso di gettare la spugna per darsi al cricket, secondo grande amore della sua vita. Pensate un po’ cosa sarebbe successo se la nativa di Ipswich avesse deciso di non riprendere più la racchetta in mano: cosa ci saremmo persi! Forse era già quello un monito, come se volesse avvisarci in anticipo della maniera in cui, filosoficamente, avremmo dovuto vivere i suoi anni migliori: senza pensare a quello che sarebbe potuto essere, senza piangere la fine dei suoi anni, senza proiettarci nel futuro.

L’oraziano “Carpe diem” suona molto attuale quando si parla dell’ormai ex numero 1 del mondo, una giocatrice che ha strabiliato tutti con il suo tennis spumeggiante, fatto di slice, servizi incredibilmente incisivi in relazione alla sua altezza, dritti chirurgici e un gioco di volo sopraffino. Insomma, una campionessa a tutto tondo, capace di trionfare in tre Major su quattro, su tutte le superfici, come solo Serena Williams, Maria Sharapova e Justine Henin sono riuscite a fare nel ventunesimo secolo. Ma soprattutto – e questo forse vale più di ogni altra cosa – è risultata, due mesi fa, la prima australiana capace di vincere gli Australian Open in 44 anni, da quando, nel 1978, ci riuscì Christine O’Neil. È accaduto due mesi fa, sembrano trascorsi due secoli: siamo passati, in poco più di un batter d’occhio, dall’avere la consacrazione della settima numero 1 più longeva della storia (quarta per settimane consecutive, dietro solo alle formidabili Serena Williams, Steffi Graf e Martina Navratilova), a scrivere il compianto di una delle tenniste più ammirate.

Più ammirate per tecnica, ma soprattutto per personalità: Ash non ha mai voluto stare sotto i riflettori, si è presa le sue pause, non ha mai detto una parola di troppo, pianto in conferenza, snobbato o mancato di rispetto ad un’avversaria. E, non a caso, tutte le colleghe, tutte, le hanno rivolto un omaggio sui rispettivi canali social: Simona Halep, che, insieme a lei e Serena Williams, è da considerare sul podio delle più grandi tenniste dell’ultimo decennio, ma anche Petra Kvitova, Angelique Kerber, Ons Jabeur, che con lei hanno diviso il campo nelle più belle battaglie del periodo che ci stiamo lasciando alle spalle. Il suo carattere si riassume alla perfezione nella sua decisione di cancellare il suo nome dal ranking a partire da subito: non le era affatto richiesto, avrebbe potuto incrementare i propri record, e invece no. Ash non è una tennista come le altre, non le piace la matematica, non è assetata di record. Ash è una sognatrice e lei, i suoi sogni, li ha raggiunti: ha vinto il suo primo Slam nel 2019, è diventata numero 1 del mondo, ha vinto sui prati regali di Wimbledon e poi si è consacrata in patria agli Australian Open. Dove trovare le motivazioni per proseguire a viaggiare per il mondo senza tornare a casa per mesi, senza stare con le persone care, senza poter coltivare le altre mille passioni? Da nessuna parte, perché cosa c’è di meglio del godersi i propri trofei e riflettere sulla portata di quello che si è realizzato?

Al contempo, per noi appassionati di tennis, il rammarico aumenta considerando la rapida ascesa di Iga Świątek, nuova numero 1 del mondo. La polacca ha iniziato il 2022 in maniera strabiliante: con i titoli dei WTA 1000 di Doha, Indian Wells e Miami, la campionessa 2020 del Roland Garros è diventata la prima tennista della storia a conquistare i primi tre tornei 1000 della stagione, nonché la quarta in grado di vincerne tre consecutivi (dopo Martina Hingis, Caroline Wozniacki e Serena Williams) e di completare il Sunshine Double (con lei anche Steffi Graf, Kim Clijsters e Victoria Azarenka). Insomma, si stava preparando il terreno per una rivalità di quelle che avrebbe segnato per sempre la storia di questo sport. Ma, come Ash ci insegna, non c’è spazio per i rimpianti, per il vagheggiamento di quello che sarebbe potuto essere. Il circuito femminile, con Swiatek al comando, è in buonissime mani e siamo certi che, tra Naomi Osaka, Paula Badosa, Maria Sakkari, Simona Halep e colleghe, ci sarà ancora tanto, tanto da divertirsi.

Mario Bocardi

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