“Quando mi sono fatto male i dottori mi hanno detto che sarebbero serviti due o tre anni per sentirmi bene come adesso. Sebbene tutti mi rassicurassero sul pieno recupero, ho avuto bisogno di molto tempo prima di tornare quello di prima. E’ una lunga maratona, ma andrà tutto bene”.
Le parole sono di Paul George, oggi nuovo giocatore dei Los Angeles Clippers ma ancora in maglia Oklahoma City Thunder quando qualche mese fa incoraggiava Gordon Hayward e commentava il suo rientro in campo dopo il tremendo infortunio dell’ottobre 2017.
Come capitato a George, che si ruppe tibia e perone con Team USA nell’estate 2014, per il giocatore dei Boston Celtics il ritorno sul parquet un anno esatto dopo il ko alla prima partita della stagione 2017-2018 ha significato moltissimo. Ma non tutto. Non ancora, almeno. Perché il viaggio verso il pieno recupero conta ancora numerose tappe intermedie.
Era infatti prevedibile attendersi una stagione piena di alti e bassi per Hayward, che ha comunque giocato 72 partite (più le nove dei playoff) e chiuso con 11.5 punti di media uscendo quasi sempre dalla panchina. Il fisico ha dato le risposte migliori, ciò che contava di più, sebbene la brillantezza e l’esplosività dei tempi pre-infortunio fossero solo un ricordo. Alle escursioni in doppia cifra hanno fatto spesso seguito partite più anonime, in cui l’impatto dell’ex Utah risultava limitato. Hayward ha sofferto principalmente in difesa dove ha pagato dazio ancor più che in attacco diventando spesso l’anello debole della catena difensiva di Boston.
Uno scenario, questo, quasi scontato; nulla che non fosse già nella testa di una persona intelligente come l’ex stella di Butler University: “Non sarò lo stesso, sarò un giocatore diverso”, raccontava in “The Return”, una docu-serie realizzata da The Athletic con la collaborazione del sito The Players’ Tribune sul suo percorso riabilitativo. “D’altronde ho perso un anno intero nel pieno della carriera e un evento come questo ti cambia. Da quello che mi hanno detto, ci vorrà un po’ a riavere l’esplosività nella gamba sinistra. Ma arriverà con il tempo così come tutto il resto”.
In momenti come questi essere pazienti e avere la forza di non pretendere tutto e subito diventa l’alleato migliore. Mai essere troppo duri con sé stessi, il consiglio che George gli recapita quando sale la frustrazione davanti a una partenza in palleggio indecisa, una finta su cui non casca nessuno o un possesso fuori giri in difesa. C’è stato tutto questo nella stagione di Hayward, ma anche tre partite oltre quota 30 punti (una sul campo degli Warriors in una netta vittoria Celtics) e un finale di stagione, a cavallo fra regular season e playoff, con dieci partite consecutive in doppia cifra.
Il rientro sul parquet si è consumato dentro a un andamento di squadra molto simile al suo. Pur considerati i favoriti nella Eastern Conference, i Boston Celtics non hanno mai trovato continuità esibendo spesso un’unità di gruppo in campo e fuori solamente di facciata. Con l’eliminazione per mano dei Milwaukee Bucks al secondo turno dei playoff e le seguenti uscite di scena di Kyrie Irving (passato ai Brooklyn Nets) e Al Horford (ai Philadelphia 76ers), Boston ha scelto di voltare pagina.
Del futuro dei Celtics, Gordon Hayward sarà sicuro protagonista. L’anno di pallacanestro nelle gambe farà la differenza; non si tratterà più di rimettersi in gioco, affrontare i dubbi e sfidare le paure. E’ una fase già passata, necessaria per chiunque torni da un grave infortunio, ma alle spalle. L’ex stella dei Jazz si presenterà a ottobre più libero mentalmente, forte proprio delle piccole-grandi sfide superate l’anno scorso. Sarà pronto per entrare nella fase-due, in cui si torna finalmente a riconoscere sé stessi e familiarizzare con le sensazioni del passato.
La stagione di Hayward ha vissuto sulle montagne russe e lasciato in sospeso il giudizio su quale possa essere il suo ruolo in NBA; tra qualche mese potranno già arrivare risposte più attendibili. Di fronte alla domanda più importante di tutte, comunque, il ragazzo dell’Indiana ha sempre saputo rispondere: “Se potrò tornare quello di prima o ancora più forte? Assolutamente sì”. Boston non chiede altro.
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