Dopo la firma di Lebron James ai Lakers nella giornata inaugurale della scorsa Free Agency, le reazioni degli appassionati erano state per la maggioranza entusiastiche. D’altronde, è un evento globale vedere uno dei giocatori migliori di sempre trasferirsi in una squadra tra le più amate, in una città che non aspettava altro che una star per ricominciare a sognare.
Tralasciando l’euforia però, alcuni hanno iniziato già da tempo a sollevare dubbi sul reale valore dell’operazione: uno dei più grandi interrogativi riguarda la compatibilità tra il progetto dei giovani Lakers e la mentalità “voglio tutto e subito” di LeBron che è prossimo ai 34 anni e quindi “obbligato” a vincere subito.
“Ma non è che LeBron arriva e diventa di colpo lui il progetto, come a Cleveland?” E’ ancora presto per trarre conclusioni, bisognerà attendere almeno la trade deadline del 7 febbraio, ma l’inizio dell’annata 2018/19 stà già dando qualche indicazione.
Avere in squadra Lebron comporta il fatto che la squadra sia di LeBron come è giusto che sia e non potrà mai essere il contrario; per lottare fino in fondo va costruito un gruppo con caratteristiche adatte al suo stile.
Sull’altro piatto della bilancia, però, c’è il ‘progetto Lakers, incentrato sui giovani e sostenuto più e più volte dalla dirigenza, Magic Johnson in primis.
La soluzione sembrerebbe riuscire a capire chi tra i giovani in rampa di lancio sia adatto per lottare al suo fianco e scambiare tutti gli altri.
I primi mesi californiani di Lebron James sono stati una vera e propria selezione con Kyle Kuzma apparso a suo agio e a sorpresa si è guadagnato il posto da secondo violino della squadra, al contrario di Brandon Ingram, incostante come gli scorsi anni e apparso disorientato quando condivide il parquet con il Re ma ha dato buoni segnali nelle ultime settimane con quest’ultimo ai box per infortunio; la spiegazione è “seplice”: Ingram è un giocatore che ama avere la palla in mano e gestire il ritmo e ciò non gli è possibile con una figura ingombrante accanto che pretende il possesso e lo relega nell’angolo ad aspettare tiri sullo scarico (di cui non è uno specialista).
Discorso diverso per Lonzo Ball: strabiliante in difesa ma con uno scarso contributo offensivo a causa della mancanza di un tiro affidabile, sta mostrando lampi di talento e, soprattutto, una grande cattiveria agonistica; peccato che nel suo momento migliore ha subito un infortunio alla caviglia che lo terrà fermo per oltre un mese.
La crescente sensazione è che il progetto gialloviola, iniziato negli ultimi anni di carriera di Kobe Bryant sta per essere cancellato per far spazio via trade e Free Agency a star già affermate in grado di garantire a Lebron di competere da subito per l’anello. Si intravede già il copione svoltosi a Cleveland: con lui da titolo, senza di lui nel baratro.
James non è arrivato solo a Los Angeles, si è portato dietro un gruppo di veterani oltre al rinnovo (annuale) da 12mln di Caldwell Pope che ha il suo stesso agente; In seguito sono arrivate le sempre più insistenti voci di un conflitto tra lui e coach Luke Walton dove James si rifiuterebbe di eseguire i suoi schemi e si metta in proprio (esattamente come con David Blatt ai Cavs); senza parlare del corteggiamento ad Anthony Davis che gli è costato una multa.
James non sta facendo sua solo la squadra, ma anche l’intera franchigia. Vi ricorda nulla?
Fin ora l’unico che è riuscito ad evitare ciò è stato Pat Riley a Miami che si oppose all’allontanamento di coach Spolestra con risultati eccellenti (2 titoli), mentre nella derelitta Cleveland stanno ripartendo per l’ennesima volta dal baratro dopo che LBJ li ha costretti ad ingaggiare un burattino come allenatore (Tyronne Lue) e a dare contratti folli a giocatori mediocri (15mln a JR Smith e 18 a Tristan Thompson i più eclatanti) che resero i Cavs una delle squadre con la luxury tax maggiore (più degli Warriors con 4 all star).
Il momento della verità è vicino e sarà tra la trade deadline e la Free Agency 2019. Conoscendo la storia di Lebron non mi sorprenderei affatto se per l’ennesima volta il progetto della società venisse accantonato, sacrificando i giovani, per acquisire il Davis di turno, a cui aggiungere poi altre stelle affermate. Una mossa che renderebbe i Lakers una contender, ora e per i prossimi anni, fino al suo addio; poi però si partirà di nuovo dal fondo esattamente ciò che è successo in Ohio per ben due volte.
Vale la pena sacrificare il lavoro degli ultimi anni e tentare l’all in? Oppure Magic resisterà alle pressioni formando una squadra che sia duratura nel tempo?
Attendiamo con impazienza i prossimi capitoli di un copione che rischia di essere già scritto.
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