Lo scambio che ha portato Jimmy Butler a Philadelphia ha posto fine dopo settimane al rapporto sempre più logoro che stavano vivendo la guardia texana e i Minnesota Timberwolves. Il suo addio è stato vissuto come una sorta di liberazione, tanto è vero che il proprietario dei Wolves, Glen Taylor, ha dichiarato di “aver speso anche troppo del mio tempo dietro a cose negative” e che è stato inutile provare a convincere Butler a cambiare idea e rimanere a Minneapolis.
Con alle spalle la saga per eccellenza di questa prima parte di stagione, per Taylor e la squadra è ora tempo di guardare avanti. Il proprietario della franchigia non sarà però l’unico a vivere con più leggerezza il nuovo corso che attende Minnesota. Si può stare certi infatti che chi saprà trarne maggior beneficio sarà Karl-Anthony Towns.
Messo nel mirino da Butler (insieme ad Andrew Wiggins) per un atteggiamento ritenuto troppo soft e disinteressato in difesa, il centro ha sofferto e non poco la coesistenza con un giocatore duro come l’ex Chicago Bulls. Giocare insieme a un All-Star doveva rappresentare la spinta utile a far sbocciare definitivamente il talento di Towns, colmandone i limiti difensivi e di personalità. In realtà l’esperimento ha prodotto effetti opposti dato che la produzione in campo del centro ex Kentucky è andata riducendosi; per non parlare del lato caratteriale, oscurato dalla personalità debordante e senza controllo di Butler.
Al secondo anno di NBA chiuso con 25.1 punti di media e 12.3 rimbalzi a partita, ha fatto seguito una stagione (la prima con Jimmy Butler come compagno) da 21.3 punti con la stessa identica media di rimbalzi. Ma aldilà dei numeri che raccontano fino a un certo punto, è parso evidente il netto passo indietro a livello di impatto sulla partita.
Della passata stagione si ricordano gare anonime e giocate in maniera fin troppo timida in attacco (la metà campo dove Towns sa già essere un giocatore top nella lega); spesso il centro ha infatti tentato meno di 10 tiri a partita (in dieci occasioni) con un minimo di 6 conclusioni tentate per ben due volte. Tra pensare al bene della squadra e non essere aggressivo c’è differenza e l’anno scorso il nativo di Piscataway, New Jersey è mancato proprio nella capacità di imporsi all’interno di una nuova logica di squadra.
Ora, libero dalla figura ingombrante dell’ex compagno che aveva fin troppa influenza sulle sue scelte in campo, Towns è atteso da una ri-esplosione. La migliore versione di sè mostrata al secondo anno non può essere stata solo un fuoco di paglia; per quanto non siano scomparse le difficoltà in difesa e la situazione-Butler abbia fatto emergere un lato meno roccioso del suo carattere rispetto alle attese, il centro rimane senza dubbio il riferimento dei Timberwolves.
Nell’ultima gara giocata assieme alla guardia del Texas, ha chiuso con 39 punti e 19 rimbalzi, aggiungendone poi 25 (con 21 e 16 rimbalzi) nelle due partite vinte successive allo scambio imbastito con i 76ers. Le risposte che in molti si attendevano, insomma, sono arrivate.
Il destino di Minnesota passa dalle mani di Karl-Anthony Towns. Lui, molto più di Wiggins, che ha fornito pochi indizi nella candidatura al ruolo di giocatore franchigia, è la stella designata. In un ambiente più sano e giocando senza il dito puntato addosso, il centro numero 32 ha tutte le chance di riallacciare il filo che si era spezzato con l’arrivo di Jimmy Butler.
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