Il nome Stephen Curry in tutto il mondo è associato ad una parola: “triple”, in effetti parliamo del tiratore più forte della storia, ma, ridurre un giocatore ad un solo concetto o ad una sola fase di gioco (l’attacco) è molto riduttivo.
Prima di parlare di campo facciamo un passo indietro: Steph nasce a Akron, in Ohio, nello stesso ospedale, stesso reparto e stessa stanza di un certo Lebron James, un predestinato sin dall’inizio insomma; cresce a Charlotte nel North Carolina, la città dove in quegli anni giocava il padre Dell, uno dei tiratori più quotati degli anni 90.
Negli anni di liceo entra a far parte della prima squadra ed è ancora suo il record di miglior marcatore della scuola, con 1.700 punti a referto durante un campionato.
Ma la sua ascesa viene rallentata da un fattore: il fisico, essendo fragile e sottile non lo rende appetibile come molti altri giocatori, non viene individuato come possibile talento da molte università e non vince nessuna borsa di studio. Decide allora di iscriversi presso il Davidson College, l’unico istituto a non aver mai vinto una partita nel torneo NCAA dal 1969.
Le stagioni al college lo rendono protagonista, con una media di 21.5 punti a partita è il miglior realizzatore dietro al solo Kevin Durant, nel secondo anno del college completa la crescita fisica arrivando ad un altezza di 191cm e come giocatore, con 25.5 punti di media a partita.
Conclusi gli studi Stephen ha un solo obbiettivo in testa: la NBA!
Il momento arriva nel draft del 2009 dove fu riconosciuto da tutti gli addetti ai lavori come il tiratore più forte dell’annata ma in tutti i front office NBA e tra i giornalisti c’era l’enorme dubbio sulla stazza minuta e la sua fragilità.
Le previsioni lo collocavano tra la 5 e la 10 chiamata, i Minnesota Timberwolves avevano la 5 e 6 scelta ma purtroppo per loro selezionarono Rubio (rivelatosi un buon giocatore) e Jonny Flynn sparito successivamente dai radar NBA. A quel punto tutti erano certi che sarebbe andato a New York da Mike D’Antoni dove avrebbe trovato un sistema perfetto per le sue caratteristiche ma non andò così, infatti, a sorpresa i Golden State Warriors lo scelsero alla 7 tra i fischi dei tifosi Knicks presenti; si rivelerà la mossa più importante nella storia della franchigia californiana!
Ma non fu subito tutto rose e fiori: tra le critiche dei media per il suo fisico con la certezza a parer loro che non avrebbe potuto completare neanche una stagione debutta il 28 ottobre, parte in quintetto e segna 14 punti, chiude la stagione con 80 partite disputate e 17,5 punti a partita.
Le 2 annate successive sono pesantemente condizionate da infortuni alle caviglie, raccogliendo solo 100 presenze.
Finita? Neanche per sogno! Nel momento più difficile risorge dalle ceneri e mette a segno nel 2012-13 una stagione ottima! 78 partite con 22,9 punti di media, realizza il suo career High al Madison Square Garden contro New York con 54 punti di cui 11 triple, una in meno del record di Kobe Bryant, il mondo in quella serata apre gli occhi e si accorge del “piccolino” con il numero 30.
Raggiunge per la prima volta i playoff eliminando Denver al primo turno fermandosi solo davanti ai grandi San Antonio Spurs di Leonard, Duncan, Ginobili e Parker in 6 gare. Una serie al cardiopalma dove da solo trascina i giovani Warriors, negli occhi degli appassionati rimane impressa la gara 1 in Texas dove mise a segno 44 punti e 11 assist con canestri da ogni posizione del campo, in quell’occasione tifosi e giocatori di San Antonio rimasero increduli davanti a quell’onnipotenza cestistica.
La stagione della definitiva esplosione e consacrazione è quella del 2014-15 dove il 7 gennaio 2015 realizza la millesima tripla in carriera in sole 369 partite, il più veloce di sempre!
Nelle votazioni per l’All star game riceve il maggior numero di volti scalzando Lebron James.
Chiude la Regular Season con 67 vittorie e 15 sconfitte aggiudicandosi il primo MVP della sua carriera, nei playoff elimina i Pelicans (gara 4 epica in rimonta con tripla allo scadere), i Memphis Grizzlies e Houston andando in finale contro i Cavs di Lebron; una delle Finals più emozionanti dell’ultimo decennio con una gara 5 da incorniciare con 37 punti e la vittoria finale in gara 6.
Fin qui direte: “tutto nella norma, bel giocatore”; molti la pensavano così ma nessuno aveva neanche lontanamente immaginato il livello che avrebbe raggiunto nella stagione successiva, un fenomeno paranormale che rendeva giocate impossibili la normalità, ogni arena NBA in cui giocava con i suoi Warriors era esaurita, i tifosi avversari gli dedicavano una standing ovation dopo l’altra.
La stagione 2015-16 segna una svolta nel Basket, nessuno sa come fermare il “piccoletto” con i suoi tiri dal raggio illimitato: da 11 o più metri aveva il 33% di realizzazione mente il resto della NBA l’11%.
Golden State abbatte ogni tipo di record in quella annata, dalla miglior partenza della storia (24 vittorie 0 sconfitte) al miglior record della RS strappato ai Bulls di Jordan con 73 vittorie 9 sconfitte, nel mezzo la totale onnipotenza di Steph che abbatte ogni tipo di statistica: supera quota 127 partite consecutive con almeno 1 tripla a bersaglio, realizza 402 tiri da 3 andando oltre il limite immaginabile, mette a segno 12 canestri da 3 punti contro i Thunder di Westbrook e Durant di cui una allo scadere dell’overtime che consegna la vittoria agli Warriors, questa la considero la partita più bella che abbia mai visto!
Al termine della Regular Season viene votato come MVP per la seconda volta consecutiva ma all’unanimità, cosa mai accaduta nella storia!
“Curry contro Lebron, no anzi, Curry a caccia di Jordan”, negli USA non si parlava d’altro, per 8 mesi Steph abbatte ogni primato, aumentano i suoi fan, diventa un fenomeno planetario, è leader per magliette vendute da 4 anni ormai;
Ma l’incantesimo si spezzò nei playoff 2016: reduce da una stagione leggendaria (in molti la ritengono la più bella di sempre) Stephen e gli Warriors arrivano al momento cruciale in condizioni fisiche che lasciano a desiderare, logorati dopo la rincorsa al record impossibile dei Bulls; durante il 1 turno contro Houston Curry subisce 2 infortuni: in gara 1 e in gara 4. Torna in campo nella gara 4 contro i Blazers in semifinale di conference e nonostante il fisco non lo supportasse mette a segno 40 punti di rabbia pura, 17 nell’overtime (record NBA).
In finale di conferance ritrova i Thunder con il dente avvelenato, gli Warriors vanno sotto 3-1. Spalle al muro Steph e Klay Thompson prendono in mano la squadra e realizzano un’incredibile rimonta.
Nella finale contro i Cavs non basta la grinta e un’ottima panchina, Golden State esce sconfitta 4-3 con un Curry che esclusa gara 4 e 5 si mostra non all’altezza fisicamente.
Il mondo gli cade addosso, gli hater si scatenano ma lui da ragazzo umile si rialza. Nell’annata successiva conquista il secondo titolo contro i Cavs anche grazie all’innesto di Durant disputando delle grandi Finlas.
Il tris arriva nel 2018 dove annienta 4 0 Cleveland realizzando il record di triple in una partita di finale (9 in gara 2)!
Questa è la sua storia, con tanti altri anni davanti e un futuro da “bandiera” degli Warriors; ha infatti dichiarato di voler chiudere la carriera nella Baia.
Ma cosa rappresenta Stephen Curry per la gente? Cosa lo rende speciale rispetto ad altri?
Io nel mio piccolo ho iniziato a seguire il basket grazie a lui nella famosa gara 1 contro gli Spurs nel 2013, mi impressionò subito il fatto che fosse come noi, una persona normale con una faccia da “bambino”; siamo abituati a vedere nel basket degli atleti di oltre due metri, forti fisicamente che hanno reso famoso il gioco in post con schiacciate e stoppate annesse; Steph no, lui non può fare tutto ciò, e qui sta la sua grandezza: ha rivoluzionato il gioco del basket con il tiro da 3 punti, è diventato il terrore di ogni squadra e ogni difensore, va raddoppiato a centrocampo e ciò genera un grande spazio in campo per i suoi compagni che sono spesso liberi da marcature.
L’eccezionalità del tiro di Curry sta nel rilascio, infatti impiega 0,4 secondi nel movimento di tiro, ciò lo rende immarcabile e, anche con un difensore incollato, riesce ad effettuare il rilascio, inoltre negli anni ha perfezionato il ball handling e la capacità di andare al ferro che lo rendono un giocatore molto più completo.
Da qui il termine ideato dal grande Flavio Tranquillo “ABC” (anyone but Curry) in riferimento alla difesa estrema attuata su di lui.
Il suo punto debole è sempre stata la difesa ma grazie all’aiuto dei compagni ed un maestro come Ron Adams nello staff ha evidenziato dei grandi miglioramenti nonostante i palesi limiti fisici.
Solo chi conosce la storia di Curry può comprenderne la grandezza, un ragazzo che era destinato a fallire ha lottato, contro l’opinione pubblica, i giornali e la maggioranza dei giocatori che lo detestano; sapete perche?
Dall’esplosione di Steph nel 2014-15 tutti i cosiddetti “lunghi” (ali grandi, centri) non hanno più avuto dei contratti onerosi perché tutte le franchigie vogliono puntare su giocatori con tiro da tre affidabile e buona difesa, il gioco “lento” in post sta scomparendo progressivamente, il ruolo del centro va anch’esso a svanire fatta eccezione per fenomeni come Davis o Cousins che hanno un tiro ottimo.
Insomma, Steph non è solamente un giocatore amato da buona parte del pubblico per la sua eccezionalità, ma, nella storia ci sarà un “prima Curry” e un “dopo Curry” perché tutto sta cambiando e cambierà grazie a lui nel bene o nel male.
A tal proposito si leggono spesso sui social critiche o polemiche tra tifosi di Lebron e di Stephen; il mio consiglio è di smetterla e goderci questi grandi campioni che non ci saranno in eterno.
Deve essere un onore poter assistere alle loro gesta; certo, c’è chi ama come me il gioco di Steph e degli Warriors basato sulla velocità oltre al tiro da tre e chi predilige gli isolamenti e uno stile più classico! Ma è il bello dello sport.
Questo è il ritratto di una persona con grandi valori prima che un grande giocatore; un ragazzo che è partito da zero tra lo scetticismo generale ed è diventato bi MVP e tre volte campione NBA oltre ad essere definito il miglior tiratore di sempre! E non finisce quì…
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